Una demo per ghermirli: il caso Outriders e Resident Evil Village
Nella mia memoria è nitido il ricordo di quando, da bambino, non vedevo l’ora di acquistare in edicola una rivista di videogiochi, per poter finalmente stringere tra le mani il disco con le demo. Che poi acquistassi o meno il gioco completo era tutto un altro discorso e, all’epoca, era necessario scendere a compromessi con la banca centrale, rappresentata in questo caso dai miei pazienti genitori.
Però era una ritualità quasi scontata, l’approcciarsi prima alla demo che al prodotto completo, e quindi provare con mano un contenuto prima di decidere se acquistarlo o meno. Si tratta di un scelta di trasparenza da parte dell’azienda nei confronti dei propri consumatori, per renderli più consapevoli del prodotto, dei suoi pregi e dei suoi difetti. Ritualità che, però, è andata man mano scomparendo. Non tanto per colpa delle aziende stesse, ma soprattutto per le abitudini di noi consumatori. Perché è proprio tramite i nostri comportamenti che influenziamo il mercato, volenti o nolenti.
Oggi le demo sono circondate da quella patina vintage la cui esistenza stessa è dedicata ai musei e la sua produzione non conviene più. Ma qualche eccezione esiste ed è giusto renderla nota per permettere all’industria di comprendere l’importanza di una dimostrazione del gioco. Come la boccettina di profumo in omaggio o l’assaggio gratuito di un alimento al supermercato.
La scatola chiusa lasciamola a Schrödinger
Nel corso di questi ultimi mesi sono usciti diversi titoli AAA di rilievo e alcuni di questi hanno messo a disposizione dei giocatori una sostanziosa demo. Il tutto in formato chiaramente gratuito. Sto parlando di:
- Outriders
- Resident Evil Village
Il primo sviluppato dal team di People Can Fly (già noto per Bulletstorm), mentre il secondo sviluppato dall’irreprensibile Capcom. La software house nipponica ha, infatti, messo a disposizione non una, non due, ma ben tre demo: Maiden, Village e Castle. Per quanto poi si possa discutere su quanto la demo Maiden sia elitaria o meno, per via della sua esclusiva pubblicazione su PlayStation 5, rimane comunque un contenuto che mostra gli ambienti di gioco e la potenza grafica del RE Engine. Un motore grafico che abbiamo scoperto sorprendente.
Similmente a quanto era stato fatto con la demo di Resident Evil 7: Beginning Hour del 2016, la demo Maiden ti permette di esplorare gli ambienti della casa dei Baker, ma con una trama e mini storia differenti, benché collegate da un sottile filo rosso al capitolo di riferimento.
Le altre due demo, invece, hanno mostrato parti del gioco completo: vestivamo già i panni di Ethan Winters e potevamo buttare l’occhio sulla struttura dei puzzle e sulla difficoltà degli scontri.
Outriders, rigiocare la demo
La demo di Outriders, dal canto suo, essendo il titolo un looter shooter cooperativo con elementi RPG, doveva mostrare necessariamente l’alchimia delle sue meccaniche di gioco e il funzionamento di determinate tipologie di quest, personalizzazione e storia.
Peculiarità di questa fase di demo è che, nonostante i problemi tecnici vari, il titolo concedeva più di 4 ore di contenuto, peraltro rigiocabile, nonché la possibilità di mantenere i propri progressi nei livelli, se si fosse acquistato il gioco completo.
E’ facile notare quanto Outriders e Resident Evil Village siano due titoli diversissimi. Nel loro “piccolo”, però, sono stati cristallini nei confronti della propria utenza, senza far mancare una comunicazione assidua. Questi due esempi dovrebbero essere uno spunto anche per le altre software house AAA e non. Bisognerebbe connettersi maggiormente con i consumatori e per renderli consapevoli del lavoro che si sta svolgendo del dietro le quinte. Perché è proprio la demo a regalare uno scorcio del titolo in produzione al numero più alto di giocatori possibile, senza escluderlo immediatamente a causa della barriera economica o costringendo all’acquisto a “scatola chiusa”.
Prima di comprare…
C’è però un’altra variabile da inserire in questa discussione, ovvero il costo per realizzare quella demo. Questo può essere alto e non giustificato, soprattutto se poi una software house non riesce ad ottenere i guadagni immaginati. Ma proprio per tal motivo si rende necessario. Se un gioco non soddisfa e i feedback degli utenti non sono positivi, forse è il caso, da parte della compagnia, rimandare l’uscita e sistemare il gioco fino a data da destinarsi. Soprattutto in questo periodo in cui le uscite sono tantissime. È fondamentale, infatti, dare all’utenza qualcosa da provare prima di scegliere.
Riuscire a catturare l’attenzione del giocatore, senza inganno alcuno.
Inoltre il prezzo di produzione di molti titoli si sta alzando e, di conseguenza, anche il costo dei giochi risulta sempre meno accessibile.
Ovviamente, prendere in esempio solo questi due titoli non ci restituisce una statistica completa, ma può accendere una scintilla per un ragionamento più ampio. Guardando i dati delle vendite, infatti, possiamo notare come questi due titoli, senza essere stati valutati come giochi eccellenti o capolavori dalla critica, hanno raggiunto vendite importanti.
Ok le demo, ma quanto hanno venduto i giochi?
Resident Evil Village ha venduto, secondo quanto rilasciato dall’azienda stessa in un comunicato stampa, 4 milioni di copie dal lancio. Il titolo di People Can Fly, invece, oltre ad aver raggiunto 3,5 milioni di utenti unici in un mese, secondo la società di analisi di mercato americana NPD, è entrato nella Top 10 videogiochi venduti nel mese di marzo. Contando, ovviamente, sia la versione fisica che digitale.
Due titoli differenti in tutto, ma che hanno adottato un modello simile per far testare in anticipo il proprio contenuto. Per cui possiamo cominciare a riaffrontare la questione partendo da questi esempi e osservando il mercato: possono essere casi isolati, oppure il sintomo di un mercato che cambia alla velocità della luce.
Proviamo a spingere per ricevere una dimostrazione pratica del gameplay da parte delle aziende in un mercato sommerso da titoli, in cui dare chiarezza al consumatore per facilitare la sua scelta deve diventare una prassi per ogni software house.
Damiano D’Agostino