Due estranei, il corto che racconta il razzismo come un loop
Due estranei è un corto scritto da Travon Free e diretto in coppia con Martin Desmond Roe. Distribuito su Netflix da alcuni giorni, è candidato ai prossimi Oscar nella categoria Miglior Cortometraggio.
In appena 32 minuti, questo corto rivela la sua natura e, soprattutto, il suo imponente impatto emotivo. A metà tra il genere drama e lo sci-fi, Due estranei – titolo originale Two distant strangers – racconta di un tema quanto mai attuale. Parliamo del razzismo sistemico che coinvolge, negli Stati Uniti, soprattutto gli afroamericani (qui un po’ di nostri consigli a riguardo, tra cinema, documentari e serie tv.).
Un progetto, questo di Free e Roe, che ha catturato l’attenzione dell’Academy, sempre ricettiva nei confronti di produzioni cariche di tematiche sociali – qualsiasi siano le motivazioni alla base. In questo caso, un tema così scottante per l’opinione pubblica americana viene affrontato in maniera originale, a tratti quasi umoristica, servendosi del genere sci-fi.
Cosa racconta Due estranei
Protagonista del corto è Carter, un giovane uomo nero, che si sveglia un mattino accanto a una donna conosciuta la sera prima e con cui ha trascorso la notte. Pensando al titolo di questa produzione e approcciandola senza conoscerne alcunché in merito, sarebbe facile pensare a un corto sul carattere effimero delle relazioni nella società contemporanea. In pochi minuti, però, il prodotto si rivela per ciò che è realmente.
Per quanto affascinato dalla donna, Carter ha fretta di tornare a casa, dove lo aspetta il suo fedele cane. Uscendo di corsa dal palazzo, tuttavia, si imbatte in un agente di polizia. L’incontro con quello che scoprirà poi chiamarsi agente Merk si trasforma rapidamente e in modo improvviso in uno scontro. Il culmine è la morte di Carte per asfissia. Una scena che sembra dolorosamente familiare.
Il corto però non finisce qui. Di colpo, siamo ritrasportati al risveglio di Carter e così ancora per tutti i successivi minuti. Il protagonista, infatti, si ritrova intrappolato in un sadico loop che va avanti senza tregua e che non termina se non con la sua morte. Un’immagine metaforica, questa del loop, che condensa con amarezza e lapidaria intensità una dinamica che all’infinito sembra ripetersi nella nostra realtà .
Il razzismo in loop
I protagonisti del corto sono due uomini. Da una parte abbiamo Carter, giovane uomo afroamericano, graphic designer; dall’altra, invece, l’agente Merk, in forza al Dipartimento di Polizia di New York. Se Carter rappresenta un giovane americano nero e di successo, Merk racchiude invece in sè lo stereotipo del poliziotto bianco di mezza età . Due aspetti di una stessa cultura, quella americana, che coesistono e si scontrano, come la realtà sta dimostrando ancora oggi.
Il dialogo, apparentemente intimo e sincero tra i due personaggi messo in scena in Due estranei, rivela in realtà l’esistenza di un sistema di pensiero che come una gabbia tiene sotto chiave principi sacrosanti, di libertà , autodeterminazione. Perfino di esistere. Nonostante il tentativo di Carter di non rispondere alla violenza con altra violenza, il parlare in modo diplomatico col suo assalitore si rivela un tentativo fallimentare. Un insuccesso insperato in una società che non sembra ancora completamente pronta al cambiamento, ma saldamente legata a ideali di (in)giustizia vetusti e disumani.
L’originalità della chiave di racconto contribuisce alla buona costruzione del cortometraggio e ne diviene al contempo uno strumento per riflettere in modo chiaro le storture di questa realtà . Per confermare come il pregiudizio può essere abbattuto solo laddove è presente la disponibilità all’ascolto. Non è un caso che le diverse modalità di morte di Carter all’interno del corto richiamino le morti di afroamericani che costellano la nostra storia e le nostre cronache. Questo, infatti, il corto si propone: richiamare lo sguardo e l’attenzione su un problema secolare, sistemico, continuamente esacerbato, che richiede dialogo, ascolto, un radicale cambio di paradigma e strategia. Come conferma Carter nella scena finale:
Because it don’t matter how long it takes or how many times it takes, one way or another, I’m gettin home to my fucking dog!
Francesca Pandora Belsito